Ecco, il momento era arrivato.
Ciccio allungò una zampina verso l’acqua, incredibile a
dirsi, ma era il suo primo bagno nell’Oceano. Nessuno dei suoi amici
dell’Antartide sapeva che non aveva mai fatto un tuffo in mare, se avessero
scoperto che non sapeva nuotare lo avrebbero ricoperto di pernacchie.
“Mamma mia come è grande questo mare…”
Esitò un pochino, solo un istante, ancora un momento, un
attimo eh, abbiate pazienza.
Beh, il sole ad un certo punto si stancò di starlo a
guardare, arrivò il cambio di guardia, quel momento in cui la luna prende il
posto del sole nel cielo e... Ciccio se ne stava ancora là imbambolato.
Zampina dentro, zampina in fuori, ce la faccio, no, non ce
la faccio...
“No, non ce la faccio!” urlò all’improvviso e, nel dirlo, le
alucce presero ad agitarsi verso il mare.
“Ecco, mare, lo vedi? Hanno ragione i miei amici: Ciccio il
pasticcio, Ciccio il capriccio. Sono un guaio fatto pinguino”
Con la sua andatura flemmatica, rassegnato, fece retro
front: tre passi a gambero, dondolandosi ora a destra, ora a sinistra, testa
china, povero Ciccio, sembrava un uccello senza ali, un sacchetto di plastica
nel vento.
“Splash!”
Un'onda lo colpì sul sedere, una sculacciata
simpatica, niente di grave. Ciccio sentì camminare delle zampine sottili sulla
sua testa calva di pinguino, allungò una pinna e, in men che non si dica,
ingoiò il gamberetto che la corrente gli aveva fatto volare sulla testa.
Fu in quel momento, inaspettatamente, mentre Ciccio si
allontanava dal mare con il gamberetto in becco, che il primo incantesimo prese
forma: il ciondolo di acqua marina iniziò a luccicare.
Ciccio il pinguino, incredulo, sentì un vocione che lo chiamava.
“Oh! A bello! Dai, sali!”
Ma...chi aveva parlato?
Ai suoi piedi, tra il ghiaccio del pavimento e l’Oceano, un
enorme esemplare di Capodoglio, una specie di balena con il dorso rinsecchito, comparve all’improvviso.
“Scusi? “ chiese Ciccio stupito.
“Ti ho detto sali e sali no!
Daye nì!”
La luce turchese si infilò tra la zampine di Ciccio, svelta
come una saetta tornò nel ciondolo incantato, per un istante sembrò che
tremasse davanti a quel vocione burbero e maleducato del Capodoglio.
Le luci incantate sono delicate, tenetelo a mente se mai
dovesse capitarvi di incontrarne una nei pressi delle acque.
“No, grazie signor Capodoglio, devo andare, la mamma mi
aspetta, devo andare a pescare, si,
ecco, devo fare proprio questo, quindi, no, grazie non salgo”
Il Capodoglio si mise
a galleggiare sulla superficie dell’acqua, caspiterina se la sua testa non
sembrava una distesa di ghiaccio tanto era piatta, ci si poteva andare con lo
slittino, ma comunque no, Ciccio non ci sarebbe salito.
“Ti ho detto sali…”
Questa volta sembrò quasi una minaccia , i denti del
Capodoglio, con una luna complice, si tinsero di turchese, erano giganti! Vi rendete conto? Denti alti come un pinguino imperatore.
“Ma io veramente…signor Capo d'aglio...nonposso”
Tutto d’un fiato, al suo solito.
“Come mi hai chiamato? Capo d’AGLIO?”
Il grosso esemplare gonfiò i bicipiti.
“Scusi, scusi, Capodoglio, Signor CAPODOGLIO” disse Ciccio
sparendo nella sua giacchetta di piume.
“Oh, ragazzì, che hai
deciso, dai no!”
Ciccio allora pensò di giocare d’astuzia.
“Senta, mi conceda un gioco prima di partire con lei. Ha
presente uno, due, tre, gambero? Lei chiude gli occhi, conta fino a tre, io mi
devo muovere in quei tre secondi senza che lei mi veda. Facile no?”
Il capodoglio acconsentì, si sa, i bambini sono più furbi
dei grandi, giocano d’astuzia. Ciccio avrebbe approfittato di quei tre secondi
per fuggire nell’homuk, la casetta di ghiaccio dei pinguini.
“Uno, due…” borbottò il Capodoglio ad occhi chiusi.
Ciccio corse forte, slittò sul ghiaccio, questo lo sapeva
fare bene con quei piedi buffi ma veloci, corse ancora, corse ma…
“Che mi venga un crampo! La mia casetta si è sciolta!”
Era proprio così, quel caldo insolito dell’Antartide aveva
fatto sciogliere la cameretta di ghiaccio e tutto il resto della casa.
Capodoglio fece una faccia strana, come se lo avesse
immaginato.
“Sali, dai”
Ciccio salì, ingoiò una lacrima, si fece coraggio e poi
disse:
“Va bene, io salgo ma ti devo chiedere una cosa: non so
nuotare, quindi, per favore, non mi lasciare solo nell’Oceano”
Capodoglio sbadigliò, la bocca spalancata divenne una grotta
gigantesca, i denti sembravano alberi di ghiaccio.
“Andiamo, va, bello di zio” disse Capodoglio.
Il nostro pinguino coraggioso incrociò le pinne sul petto,
alzò il becco verso l’alto, come per avere il benvolere della luna, si allacciò
il cappuccio stretto intorno al collo e …
“Splash!”
Scesero in profondità, verso i fondali, Ciccio non potè fare
a meno di notare quanto fosse bello il mare, le sagome dei ghiacciai viste dal
basso, il luccichio di un sole civettuolo che ne disegnava i contorni, le danze
dei pesci nella corrente.
E, pinguini miei, che varietà di ristoranti!
Dal sushi al vegetariano, dal vegano al carnivoro.
“Zio Capo, lo sai che nella scuola dei pinguini dove andavo io..”
“Sch!” lo interruppe Capo.
“…c’era una maestra strana , tutta bianca, ma bianca bianca, mi pare che si
dice –albilina-“
“Sch!” insistette lo zio.
Ciccio non capì, allo zio erano sempre piaciuti i suoi
racconti.
“Tieniti forte figliolo, questa è un’emergenza. Dobbiamo
andare” e nel dirlo zio Capo fece un’inversione ad U, tutto impennato su un
fianco, sembrava la virata di una montagna marina.
Ciccio affondò il becco nel dorso di Capo, le pinne e le
zampine rimasero protese nella corrente, i peli appiattiti sul corpo per la
velocità di quella manovra azzardata.
Certo che ebbe paura di perdersi in mare, chi non l’avrebbe
avuta!
“Ecco è da quella parte” gridò zio Capo.
“Ma che cosa?” chiese Ciccio a becco stretto.
Nuotarono tanto, così tanto che sembrava di stare
nell’autostrada di Ice street, all’Antartide, dove solo i pinguini grandi
potevano andare.
Il canto del mare
sembrava un corteo funebre, ogni suono, il verso di ogni suo abitante divenne
più stridulo, poi forte, poi elettrico, infine disperato.
Solo quel giorno, inoltre, dai suoni emessi da Capo, Ciccio
scoprì che era stato adottato dall’animale più rumoroso di tutti gli Oceani.